Drapetomania è un
termine che pochi conoscono e poco male che si sia perso, insieme a ciò che letteralmente
designava.
Vale però la pena ripescarlo dalle nebbie in cui si è giustamente
dileguato perchè troppo spesso succede che le radici di un passato che ci
illudiamo superato sforino il terreno,
magari in un altrove lontano, e l’albero ricresca con il proprio florilegio di
nefandezze. Riscopriamo allora che, nel corso del 1851, tale Samuel Cartwright
(1793-1863), che di professione faceva il medico e di casa stava negli Stati
Uniti, lo ideò per dare nome a un disturbo
mentale, caratterizzato dall’insano
desiderio di fuga coltivato dagli afroamericani, schiavizzati sul Nuovo Continente
(“…quella fastidiosa abitudine del fuggire,
che hanno molti negri…” diceva). Il tutto per non svolgere il compito a loro
affidato che era appunto quello di fare gli schiavi, secondo i dettami biblici
che prevedevano, a detta di Cartwright,
che al loro padrone rimanessero sottomessi e quindi non desiderassero
andarsene. Non solo i comportamenti, ma anche i desideri, lo sappiamo bene,
sono peccaminosi…. venerdì 15 dicembre 2017
venerdì 21 luglio 2017
VIETATO FRUSTARE I CAVALLI
La
notizia ha uno spessore che travalica la sorte dei singoli cavalli i quali,
quando avranno la ventura di correre a Montechiarugolo, non potranno che stupirsi
nel non essere fustigati, contratti e spaventati come saranno, perché l’attesa delle usuali scudisciate è
essa stessa tormento, nell’impossibilità a sottrarvisi, e perché non esiste
comportamento che li metta al riparo: non è castigo ad una mancanza, a cui potrebbero
imparare a sopperire, ma sorte ineluttabile; perché chi colpisce, e i cavalli
non sanno quando e quanto forte, punisce un peccato non commesso.
mercoledì 21 giugno 2017
BENESSERE ANIMALE CHE NUOCE AGLI ANIMALI
“The
times they are a-changin’”: finiva il 1963 quando Bob Dylan la cantò per la
prima volta dando voce all’urgenza e alla fascinazione di un cambiamento che
sembrava destinato a travolgere il mondo;
ideali di rinnovamento, giustizia, pace, sollecitati dalla forza esplosiva di
un’intera generazione di giovani, pronti a rivoltare il mondo, che così come
era fatto non si poteva proprio sopportare. Da allora è risuonata in mille
contesti dove la rivolta contro l’ingiustizia faceva sventolare la bandiera di
ogni speranza; nella rimozione autoprotettiva che quei versi erano risuonati
per la prima volta giusto quando John Kennedy veniva assassinato: dettaglio non
trascurabile mentre il sogno veniva spacciato per previsione.
Potenza
delle parole e potenza dei sogni. Così anche oggi la tentazione di ripeterle è
grande davanti al dilagante movimento contro la sopraffazione dei nonumani, che si manifesta nelle forme indecenti,
irracontabili, variegate, ciniche, sadiche che sa assumere. L’ingiustizia
sembra tale da dovere per forza implodere e nel giro di pochi decenni, ma
essenzialmente negli ultimi anni, davvero tantissime cose sembrano essere cambiate:
si denunciano le atrocità compiute nei macelli, nei laboratori di vivisezione,
nel dietro-le-quinte dell’addestramento degli animali esotici nei circhi, si guardano
con disprezzo attività quali caccia e pesca, sagre e zoo, per legittimate che
siano. Persino nel campo dell’alimentazione, quella connessa alla pochezza
della nostra (in)capacità di agire sugli irrinunciabili piaceri della gola, tante
cose si muovono: un termine quale vegano, incomprensibile ai più fino all’altro
ieri, è ora sdoganato in tanti bar e ristoranti; vengono pubblicati persino
libri il cui titolo, “No vegan”, sta a
metà strada tra la supplica di chi non ne può più (“Basta, vi prego”) e l’appello
di chi, seriamente preoccupato, passa al contrattacco (“Tutte storie”); maltrattamenti
di animali d’affezione raramente hanno luogo in pubblico e, quando succede, le conseguenze
mediatiche sui responsabili sono dilaganti. Pur nella consapevolezza trattarsi
di gocce nel mare, la tentazione di farsi invadere da una vaga soddisfazione,
che attutisca il tormento sperimentato da tutti coloro che sentono nelle loro
corde l’inferno quotidiano dei nonumani, è davvero grande.
sabato 18 marzo 2017
CAVALLI: QUELLA VITA CHE FU TENUTA A FRENO
Negli ultimi tempi i cavalli sono divenuti protagonisti di almeno un paio di
situazioni di interesse mediatico: e, visto il trattamento che devono subire, davvero
ne avrebbero fatto volentieri a meno.
Una
notizia, riportata su alcuni media stranieri, ma non risulta su quelli
italiani, riguarda la corsa ippica (27.02.2017) del White Turf di St Moritz,
interrotta in seguito alla caduta rovinosa di un cavallo, Boomerang Bob: secondo
consolidata norma, il fantino ferito è stato trasportato in elicottero in
ospedale, il cavallo più sbrigativamente è stato soppresso. Stava correndo al
galoppo sul ghiaccio, perché questo è il White Turf. Si potrebbe disquisire a
lungo sul senso del costringere cavalli a correre su un tale genere di “terreno”l e ancora di
più sull’abitudine di risolvere le immancabili tragiche cadute con un colpo di
pistola, che sembra spazzare via ogni responsabilità, poco cambia se ad essere
teatro delle sconsiderate corse sono le nobili curve di Siena, i ghiacci elitari
di St Moritz o le strade di una malfamata Catania. Senza entrare ulteriormente nel merito,
l’episodio è utile a sottolineare che questa è la norma per i cavalli
fortunati, quelli cioè non destinati alla macellazione.
sabato 18 febbraio 2017
IL MILAN, MONTELLA E LE FAVOLE VEGANE
Difficile
ignorare, anche se del tutto insensibili all’argomento, che il Milan in un paio
di settimane è riuscito a inanellare la bellezza di ben quattro sconfitte, in campionato e fuori: gran
brutta esperienza, meritevole di approfondimenti su un numero impressionante di
canali televisivi, impossibili da dribblare (sic!) se solo si fa un po’ di
zapping. Farlo è comunque interessante perchè inaspettatamente immette nel vivo
di animate discussioni sul veganismo, che deve essere diventato un fenomeno
davvero inquietante se riesce ad invadere anche questo genere di spazi. E se ne
scoprono allora della belle.
La
faccenda è ormai risaputa: nell’ottobre scorso l’allenatore Vincenzo Montella stabilisce
per la sua squadra un nuovo regime alimentare, con l’ausilio del preparatore
atletico Emanuele Marra e sotto la guida della naturopata Michela Valentina
Benaglia. Si comincia a parlare di dieta vegana, ma un po’ a bassa voce, con un
interesse tutto sommato molto contenuto. Che resta tale fino ai giorni scorsi,
quando le performances non proprio entusiasmanti dei rossoneri hanno scatenato la caccia
all’untore: individuato appunto nel veganesimo, rinato dalle ceneri dell’indifferenza
per finire lì sul banco degli imputati:
sarebbe riuscito ad indebolire gli atleti, nel fisico certamente, ma anche nel
morale, nella psiche. Un giocatore, coraggiosamente trincerato dietro un
anonimato forse degno di più temibili
minacce, avrebbe confidato al giornalista “…mi
alleno meglio con la carne rossa” (Pianeta Milan, 03.02.2017): il giornalista, comprensivo, afferma a
commento che “l’istinto carnivoro
comincia a farsi sentire”, sostenuto nella sua visione delle cose da un suo
collega di Repubblica, Enrico Currò, il quale, umilmente, attribuisce valore
scientifico alle proprie convinzioni quando afferma che “…la carne rossa…tra l’altro è parte importante della dieta da calciatori”.
Si, sì: proprio quella inserita nell’elenco degli alimenti “probabilmente
cancerogeni” dall’OMS (Lancet Oncology, 26.10.2015). All’ a.d. Galliani non resta che giocare
sulla difensiva (sic!) e rassicurare che quella imposta non è una dieta vegana,
ma vegetariana (Corriere dello Sport, 5 febbraio)! Così magari i tifosi si tranquillizzano
nel sentire che i loro eroi sono sì sottoposti a sacrifici, ma non
estremi. Di sacrifici e rinunce non si
astiene dal parlare lo stesso Montella, severo sì, ma consapevole che la dura scelta
è il prezzo da pagare sulla via della gloria (che magari arriverà).
giovedì 22 dicembre 2016
Non fare l'asino, regalalo! Come tormentare gli animali e sentirsi generosi
Viene giudicata originale, persino un po’ impertinente la trovata della Caritas altoatesina di promuovere quest’anno un modo alternativo di festeggiare un natale che sia solidale anziché consumistico: sì, perché non pensa solo agli alimenti per le persone bisognose dell’Alto Adige, alla legna per gli anziani della Serbia, alle scarpe per i bambini boliviani, agli alberi da frutta per l’Etiopia, alle sementi per Haiti o a un pozzo per una comunità del Kenia, ma si compiace del proprio anticonformismo nel proporre come regalo a comunità bisognose un asino o una capra, che vanno ad arricchire il parco-animali delle ormai usuali mucche, offerte come dono da altre associazioni umanitarie.
Le battute si sprecano: e
quindi l’asinello impacchettato con
tanto di fiocco sopra è pretesto per immancabili spiritosaggini sullo
stereotipo della presunta stupidità della sua specie: non fare l’asino! Oltre
all’uso, anche lo scherno, tanto alla luce di cause nobili tutto si può sdoganare.
sabato 19 novembre 2016
IL CANE ANGELO, randagio di Calabria
La
storia di Angelo ha riempito le cronache recenti, sollevando enorme
indignazione, ma sfortunatamente è solo la punta dell’iceberg di una situazione
molto diffusa: Angelo è assurto alla ribalta di una cronaca nero pece soprattutto
perché della sua tortura si sono vantati i responsabili, che l’hanno filmata
e messa in rete, in quel moderno
ricettacolo cioè, che è una sorta di cloaca massima in cui tutto confluisce,
senza filtri, alla ricerca di una visibilità che amplifichi le proprie “gesta”,
e lusinghi di una popolarità perseguita con ogni mezzo. Nel caso diffuso in cui
non si abbia altro di cui vantarsi, ci si vanta della propria pochezza,
scambiandola per audacia: purchè gli altri guardandoci ci illudano che meritiamo attenzione:
e si arriva a mettere in scena un film
dell’orrore, ridendo e sghignazzando.
sabato 22 ottobre 2016
PRODOTTI ANIMALI NELLA PUBBLICITA’? SE LI RICONOSCI, MAGARI LI EVITI

Affiancare
al termine cultura quello di pubblicità può
sembrare un azzardo, un ossimoro, ma, al
netto di snobismi, la sua influenza, forte di una presenza pervasiva e
ossessiva, è enorme nel modellare i
costumi di quelli che ne sono gli utenti, cioè inevitabilmente tutti noi, talvolta fruitori attenti e convinti, molto
più spesso ascoltatori distratti, ma anche in questo caso inconsapevolmente
permeabili ai messaggi.
sabato 1 ottobre 2016
IL MIO CANE é VEGANO: FOLLIA o LOGICA STRINGENTE?
Il Corriere della Sera è sempre il Corriere della Sera: se l’inserto La Lettura, dedicato all’Animalità, coniugata in diverse forme e approcci, viene riproposto per un’intera settimana (4/11 settembre 2016), il tema è evidentemente di grande appeal, e l’impatto è forte: per la lettura che dà della realtà e per come con le sue tesi la realtà è in grado di modellarla.
Dato atto della copresenza di
articoli diversificati, quali quello più scientifico di Leonardo Caffo
sull’addomesticazione, risulta quanto mai interessante capire quale sia
l’ottica di osservazione di uno degli
interventi di prestigio: è fuori discussione che Chiara Lalli, filosofa, saggista, giornalista,
autrice dell’articolo titolato in forma di supplica, “Per favore lasciate che gli animali facciano gli animali”, sia
indispettita nei confronti dell’atteggiamento almeno di parte degli umani nei
confronti di almeno di parte degli animali: nello specifico di quegli umani
troppo coinvolti nella cura di alcuni non umani. La sua cultura è tale per cui non si può certo ipotizzare che
parli senza cognizione di causa: ma di certo esprime una posizione smaccatamente di parte, che si
limita a sfiorare l’enorme questione animale riferendosi a pochi episodi connotati
da stupidità trattandoli da indicatori
di una sorta di deriva morale. Nel suo articolo, tanto per capirci, cita e
ricita il circo, non per stigmatizzare l’ignominia della prigionia e
dell’asservimento di animali nati liberi per essere liberi, ma solo per
ricordare che alcuni di loro, nello specifico uno struzzo e un ippopotamo, una
volta “salvati” da quel contesto, sono poi
stati investiti e uccisi e si pone conseguentemente
la domanda, che vorrebbe essere retorica, se possa essere considerato immorale
usare gli animali nei circhi a fronte della perfetta ammissibilità del loro uso
quali pet: immoralità di cui lei non pare scorgere traccia. Non si può
controbattere alle argomentazioni della Lalli in poche righe, perché è tutta la
questione animale a gridare vendetta davanti alla sua riduzione al ridicolo (ridicolo
“consumato fino a farlo scomparire”,
nelle parole che lei stessa usa) in nome di alcuni comportamenti da
sfaccendati, smaccatamente ricchi e annoiati, i quali fanno clonare il proprio
pet a suon di migliaia di dollari o acquistano accessori che neppure Dolce
& Gabbana nei momenti di loro massimo splendore potrebbero ideare. Nelle
sue parole non manca un pensiero reverente anche alla sperimentazione, in
mancanza della quale, ammonisce, si farebbe un danno anche agli animali stessi
a causa del mancato progresso della scienza veterinaria: preoccupazione di chiaro
stampo altruista che pare non scorgere, come epicentro della vivisezione, la sperimentazione di qualsivoglia ennesimo
nuovo farmaco ad uso squisitamente umano, che si serve nella quotidianità di esperimenti
, fonte di indicibile sofferenza , e spesso esitano in una morte che finisce per essere unica via di
salvezza all’orrore .
giovedì 15 settembre 2016
I CANI: NELLA BUONA E NELLA CATTIVA SORTE
Non è un caso che tanto di loro si sia parlato e siano apparsi in struggenti fotografie: a fronte di tutti gli altri animali coinvolti, che, ad eccezione dei gatti, sono stati riuniti nell’unica distorta espressione di “animali da allevamento” e valutati esclusivamente in termini di danno economico per i “proprietari”, loro appartengono alla specie tra le più amate in assoluto nel mondo occidentale e di conseguenza siamo pronti ad accoglierli nel nostro paradiso di santi e di eroi e nel nostro inferno di dolore.
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