La
relazione con i cani, anche nel mondo occidentale, è tutt’altro che univoca:
siamo in tanti a considerarli nostri compagni di vita, ma anche di lavoro, di
impegno sociale e civile, come ci ricordano i luoghi che sono teatro di terremoti
o altri disastri, dove la loro presenza è fondamentale, dal momento che, pur in
un mondo tecnologicamente tanto avanzato, risultano insostituibili grazie al
loro olfatto e alla capacità ostinata di
tollerare addestramenti ed esercitazioni
estenuanti. Non si tirano mai indietro, tanto che non sono rare le cronache che
parlano di alcuni di loro morti per
stanchezza: sfiancati, pur di non disattendere gli ordini dei loro referenti, a
cui riservano obbedienza totale, abnegazione assoluta.
mercoledì 30 ottobre 2019
TRUMP, CANON E GLI ALTRI
martedì 4 giugno 2019
QUANDO IL GATTO E’ UN CLANDESTINO
martedì 16 aprile 2019
Divertirsi sul dolore degli altri animali
La legge di riferimento contro i
maltrattamenti animali (la 189 del 2004),
che non si schiera a favore
degli Animali, ma (Titolo IX-BIS) del
sentimento degli uomini nei loro confronti, specifica che tale eventuale
sentimento non viene tutelato se viene smosso da eventi correlati a situazioni legalizzate, tra le quali vengono citate le manifestazioni
storiche e culturali. Implicitamente, quindi, la legge prende atto della
crudeltà insita in tali manifestazioni, delle possibili reazioni da parte delle
persone, ma decide di lasciarle fuori dal proprio ambito di intervento,
stabilendo così un abisso giuridico tra comportamenti simili in situazioni
diverse.
Sulla scorta di questo stato di cose,
ancora oggi è necessario ribadire un principio che dovrebbe invece essere scontato,
vale a dire che i maltrattamenti degli
Animali non dovrebbero essere considerati in alcun modo leciti, nemmeno se
connotati come espressione di manifestazioni
storiche e culturali e di tradizioni, che di fatto sono una copertura , come vedremo,
assolutamente contestabile.
giovedì 14 marzo 2019
NON è UN PIANETA PER SCIMMIE : SPERIMENTAZIONE UNLIMITED
inflitti agli animali
appartengono
legittimamente al dolore infinito della
storia
e ne modificano il senso, se ne abbia uno” Guido Ceronetti
martedì 5 febbraio 2019
MIGRANTI E MACELLAI: salvati dalla Sea Watch, assunti in macelleria
Foto Jo-Anne McArthur
La notizia, così come è data, è
una di quelle che allargano il cuore, almeno di coloro che negli immigrati non
vedono nemici da cui difendersi, ma
umani in difficoltà meritevoli di solidarietà : tre di loro hanno iniziato una
nuova vita, assunti da un imprenditore in un paesino della Calabria,
all’interno della Sila: fanno i macellai.
Si tratta di tre giovani
africani, arrivati da paesi dannati per violenza e povertà (Nigeria, Sierra
Leone, Guinea Bissau) con viaggi divenuti drammaticamente usuali, segnati dal
deserto e poi da anni di una prigionia fatta da torture irriferibili quale
unica cifra della relazione con i potenti e i prepotenti del luogo, e infine un
tutt’altro che scontato salvataggio in mare. L’assunzione ( a tempo
indeterminato !!!) è un epilogo insperato, del quale il datore di lavoro e i
suoi concittadini rivendicano orgogliosi
l’iniziativa generosa e i tre immigrati considerano una opportunità, che
riverbera sull’Italia e gli italiani sentimenti di apprezzamento e gratitudine.
Lieto fine quindi? Forse, ma
anche qualche riflessione un po’ più molesta, stimolata dall’associazione con realtà analoghe, più in grande stile, ma di
segno davvero simile, considerato che il lavoro di cui si parla contempla il
portare a termine “quasi tutto il ciclo
della produzione”: in altri termini, la macellazione degli animali. L’associazione
è con la notizia di un paio di anni fa, proveniente dal Canada, dove il ministro
federale dell’occupazione pensò di
assumere rifugiati siriani nei macelli della federazione, in risposta
alla non disponibilità dei cittadini
canadesi, pur afflitti da una crescente disoccupazione, ad accettare un lavoro basato
sull’uccidere animali e lavorare le loro carni. Per quanto riguarda l’assunzione
dei tre ragazzi, ci si chiede come mai, in una terra come la Calabria, gravata
da indici di disoccupazione alle
stelle, quei posti non risultassero già
occupati da cittadini italiani.
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