La soluzione, se di soluzione si
tratta, dell’omicidio della giovanissima
Yara è stata occasione per svariati discutibili comportamenti.
A partire
dalle esternazioni in tempo reale del ministro Alfano, alla faccia della
necessità di riservatezza invocata dalla procura (la gente, dice lui, ha il diritto di sapere, qui,
tutto e subito: ma perché?????) passando alle varie testate che hanno sguinzagliato
giornalisti alla eccitatissima ricerca di qualsivoglia particolare, per
ininfluente che fosse, pur di essere i primi a scovarlo. Ma è la cronaca, bellezza, che fagogita tutto, tutto quello che riguarda gli
altri ovviamente.
In mezzo a tutto questo
l’immagine del presunto assassino, fotografato insieme ai suoi cani e gatto, ha
immediatamente preannunciato ciò che puntualmente è avvenuto nel giro di poche
ore, vale a dire dichiarazioni ,
commenti, analisi psicologiche e
sociologiche spicciole, tese ad affermare che è questo il genere di
persone che sostiene le ormai insopportabili istanze “animaliste”: si sono
svelati, finalmente! Eccoli qui chi sono
quelli che amano gli animali! Occasione ghiotta e
imperdibile per gettare un po’ di fango.
Qualche osservazione si impone. A
partire dal fatto che del presunto assassino al momento attuale sappiamo che è
figlio illegittimo, sposato e padre di tre figli, di professione muratore,
cattolico praticante; e che “possiede” cani e gatto. Se il rigore logico induce
a creare il link tra una qualsiasi delle informazioni e l’omicidio collegandoli
con un rapporto di causa-effetto, con lo stesso rigore logico sarebbero
sostenibili affermazioni del tipo: eccoli lì i padri di famiglia, ecco cosa
fanno agli altri bambini quelli che hanno i figli. O quelli cha fanno i muratori.
O quelli che sono cattolici praticanti. O quelli che sono figli illegittimi. Ma
queste connessioni, nella loro inaccettabilità, non vengono ovviamente alla
mente di nessuno. Quella sugli animali sì.
Di fatto, e sempre che le attuali notizie vengano confermate, quali siano i mostri
presenti nella mente di quest’uomo sarà possibile saperlo solo una volta
conosciuta tutta la sua vita, messi a fuoco i suoi pensieri, illuminati i suoi
abissi interiori . Ma che nella sua vita
ci sia e ci sia stato posto per i suoi animali è un elemento che davvero ben poco
aggiunge al quadro in fieri, per lo meno non più di quello che aggiunge la presenza dei suoi tre figli. Non avrebbero dovuto essere loro prima di
tutto ad elicitare in lui inclinazione paterna, intesa quale affetto, ma anche senso
di responsabilità, dovere di cura, capacità di identificazione, empatia? Non avrebbe
dovuto essere la presenza dei suoi bambini a renderlo un uomo per certi versi
migliore perchè più ricco emotivamente, capace
di immedesimazione, di mobilitare se mai energie positive in favore di altri
bambini in cui riconoscere la stessa ingenuità e vulnerabilità ad ogni pericolo
, che avrà pure imparato a riconoscere nei suoi?
Ancora: non avrebbe dovuto essere
l’interiorizzazione del messaggio cattolico, con tutti i correlati riferiti alla necessità di amore
fraterno tra tutte le creature, a costituire barriera insormontabile
all’emergere di impulsi tanto distruttivi?
Niente di tutto questo ha avuto luogo e una ragazzina che camminava presa
dai suoi pensieri, che avrebbe dovuto se mai sollecitargli una simpatia
protettiva, ha mobilitato in lui un atteggiamento predatorio e di rara
crudeltà.
Chi ne avrà il compito, avrà modo
di ripercorrere la strada che ha portato questo uomo (se di lui si tratta) a quel sonno della ragione
che genera mostri; cercherà di ricostruire quella sua realtà in cui la
relazione con gli altri è evidentemente radicalmente distorta. Ed è facile
immaginare che molti elementi andranno a definire anche il quadro del rapporto
con i suoi figli: già qualche elemento pare emergere, relativo al divieto che
loro dava di condurre una normale vita sociale; il resto sarò tutto da vedere.
Ciò che pare incontestabile è,
comunque, che l’essere padre di tre
bambini non lo ha reso un uomo capace di rispetto per un’altra bambina simile a
loro; essere cattolico praticante non lo ha indotto ad introiettare messaggi di
pacifica e amorevole convivenza; amare due cani e un gatto avrebbe dovuto riuscire a farlo? Siamo di
fronte ad un’immane tragedia in cui sono saltate le norme di riferimento,
morali e comportamentali, alla base delle stesse relazioni umane su cui è
fondata la società; tragedia che potrà
essere capita solo attraverso standard esplicativi ben diversi da quelli utili
in un quotidiano più familiare.
Usarla per una speculazione contro gli “animalisti” è quanto
di più inopportuno si possa ideare, possibile tra l’altro solo in virtù dell’ignoranza delle istanze portate avanti da tutti coloro che
degli animali non umani si occupano e si preoccupano costantemente nella
convinzione profonda che il rispetto per loro come per tutti gli esseri viventi
sia elemento imprescindibile di una società che davvero voglia liberarsi di
tutte le istanze violente che la popolano. Società che, ahimè, è mille miglia
lontana da quella in cui viviamo, come le cronache di questi giorni ci buttano
in faccia con rara durezza.