“The
times they are a-changin’”: finiva il 1963 quando Bob Dylan la cantò per la
prima volta dando voce all’urgenza e alla fascinazione di un cambiamento che
sembrava destinato a travolgere il mondo;
ideali di rinnovamento, giustizia, pace, sollecitati dalla forza esplosiva di
un’intera generazione di giovani, pronti a rivoltare il mondo, che così come
era fatto non si poteva proprio sopportare. Da allora è risuonata in mille
contesti dove la rivolta contro l’ingiustizia faceva sventolare la bandiera di
ogni speranza; nella rimozione autoprotettiva che quei versi erano risuonati
per la prima volta giusto quando John Kennedy veniva assassinato: dettaglio non
trascurabile mentre il sogno veniva spacciato per previsione.
Potenza
delle parole e potenza dei sogni. Così anche oggi la tentazione di ripeterle è
grande davanti al dilagante movimento contro la sopraffazione dei nonumani, che si manifesta nelle forme indecenti,
irracontabili, variegate, ciniche, sadiche che sa assumere. L’ingiustizia
sembra tale da dovere per forza implodere e nel giro di pochi decenni, ma
essenzialmente negli ultimi anni, davvero tantissime cose sembrano essere cambiate:
si denunciano le atrocità compiute nei macelli, nei laboratori di vivisezione,
nel dietro-le-quinte dell’addestramento degli animali esotici nei circhi, si guardano
con disprezzo attività quali caccia e pesca, sagre e zoo, per legittimate che
siano. Persino nel campo dell’alimentazione, quella connessa alla pochezza
della nostra (in)capacità di agire sugli irrinunciabili piaceri della gola, tante
cose si muovono: un termine quale vegano, incomprensibile ai più fino all’altro
ieri, è ora sdoganato in tanti bar e ristoranti; vengono pubblicati persino
libri il cui titolo, “No vegan”, sta a
metà strada tra la supplica di chi non ne può più (“Basta, vi prego”) e l’appello
di chi, seriamente preoccupato, passa al contrattacco (“Tutte storie”); maltrattamenti
di animali d’affezione raramente hanno luogo in pubblico e, quando succede, le conseguenze
mediatiche sui responsabili sono dilaganti. Pur nella consapevolezza trattarsi
di gocce nel mare, la tentazione di farsi invadere da una vaga soddisfazione,
che attutisca il tormento sperimentato da tutti coloro che sentono nelle loro
corde l’inferno quotidiano dei nonumani, è davvero grande.