venerdì 22 luglio 2016

JUMA IL GIAGUARO




    “Alcuni militari brasiliani hanno dovuto abbattere un giaguaro, fuggito dopo essere stato esibito al passaggio della torcia olimpica a Manaus, capitale dello Stato delle Amazonas. "Durante il passaggio da una gabbia all'altra nello zoo dell'esercito, il giaguaro è scappato. E' stato inseguito e gli sono stati sparati tranquillanti con una saracena, ma malgrado quattro dosi, si è precipitato su un veterinario e l'abbiamo dovuto sacrificare", ha spiegato il colonnello Luiz Gustavo Evelyn del Centro d'istruzione di guerra nella giungla (Gigs) di Manaus. Il giaguaro, considerato il simbolo dell'Amazzonia, è il più grande felino delle Americhe in via d'estinzione. Quello scelto per accompagnare il passaggio della torcia olimpica si chiamava Juma e viveva in cattività con altri animali salvati dalle mani dei bracconieri”. (21.06.2016 Repubblica)
Questa volta è Juma, splendido giaguaro, che ci prova a sottarsi alla prigionia e, come farebbe qualunque carcerato che soffra l’ingiustizia di una carcerazione senza colpa, approfitta di un insopportabile spostamento da una gabbia all’altra per cercare la libertà: niente da fare. Inseguito e chissà quanto terrorizzato, dicono si sia precipitato su un veterinario, ragion per cui  lo abbiamo dovuto sacrificare. Eccoci di nuovo: questa volta siamo a Manaus, Brasile,  ed è tempo di Olimpiadi; veniamo  a sapere che qui l’esercito ha un suo zoo, dove animali, nati liberi per essere liberi, vengono tenuti prigionieri e mai lasciati in pace, perché sono esibiti nelle manifestazioni pubbliche, al passaggio di torce olimpiche, quindi  alla presenza di folle di umani con i quali non possono avere nulla da spartire, se non un insopprimibile desiderio di andarsene lontano. E il veterinario che ci faceva lì? Lui, che gli animali li dovrebbe conoscere, magari qualche dritta sul fatto che proprio non era il posto giusto per portarci  il più grande felino delle Americhe in via di estinzione avrebbe potuto darla.

venerdì 8 luglio 2016

LINGUAGGIO E ANIMALI: ANIMALE SARAI TU


Il linguaggio al servizio della svalutazione degli umani e degli animali non umani
Per certe bestie nessuna pietà” proclamava pochi giorni fa sulle pagine del Corriere della Sera il deputato Salvini riferendosi all’orrido omicidio della giovane Sara, uccisa a coltellate e poi data alle fiamme dal suo ex fidanzato. Poco originale il titolo: a proposito di un cittadino filippino ucciso a calci e pugni sotto gli occhi dei passanti a Milano tempo fa, i caratteri cubitali dello stesso giornale recitavano: “L’hanno ucciso, erano belve. E ancora, sfogliando qua e là: “Non sono uomini: sono animali”, questa volta a proposito dei responsabili degli agghiaccianti stupri e omicidi di bambini e bambine nelle zone periferiche non lontano da Napoli. Pressochè quotidiani sono questi riferimenti, sia perché tanto comuni sono, ahimè, episodi di atroce cronaca nera, sia perchè la narrazione pare incapace di astenersi dalle metafore animali per esprimere e dare forma al peggio, pur se il linguaggio, a causa dell’usura, ha di fatto perso l’incisività, che accompagna la forza di parole e immagini nuove: pare proprio non trovarsi di meglio.  Così animali, bestie, belve  sono per antonomasia i sadici, gli psicopatici, i delinquenti della peggior risma, meritevoli di tutto il nostro sdegno: quelli, per intenderci, indiscutibilmente appartenenti alla specie umana.