Siccome non c'è niente di nuovo sotto
il sole, ma corsi e ricorsi storici, dejavu stancamente si ripetono, la recente polemica del richiamo dell'onorevole Calderoli all'orango, alla vista del ministro Kienge, richiama alla mente pari pari la campagna (2010) della
Confederazione Elvetica contro gli
stranieri che rubano il posto di lavoro a chi è nato sul suolo patrio: si intitolava
BALAIRATT, ballano i topi, e l'immagine di tre topastri veniva usata per incarnare lo sporco spregevole che
sempre viene da fuori, dalle altrui fogne: la soluzione? Ovvio: derattizzare.
Di tutto si può accusare questa
campagna tranne che di originalità: l’altro, il diverso, lo straniero, e poi
piano piano a seguire il nemico, quello da cui guardarsi e quello da eliminare,
ha le fattezze di un animale. Il meccanismo è funzionale ad accentuare le
differenze: tanto maggiori queste sono, tanto più forte è l’identificazione con
il proprio gruppo di appartenenza, che
spesso non ha altri elementi di coesione se non la distanza da altri.
Tali metafore divampano
soprattutto nel corso delle guerre, quando i freni inibitori di qualsiasi tipo
collassano, e la necessità di sollecitare aggressività e violenza diventa
fondamentale, ma non sempre facile, dal momento che il nemico è identificato come
tale dalla classe al potere, ma non da chi deve andare a ucciderlo.
La costruzione del nemico può
ricorrere ad immagini che solleticano
azioni e reazioni violente; ecco allora
le metafore animali servire allo scopo: gli animali più gettonati sono i
maiali, i cani che devono essere rabbiosi o rognosi, i topi, gli scarafaggi, le
formiche. Per limitarci alla storia moderna, Martin Lutero chiamava maiali gli
ebrei; gli indiani del nord America
venivano definiti lupi, serpenti e babbuini;
la propaganda nazista equiparava gli ebrei a topi da stanare.
Tutti animali sui quali è già
stata compiuta un’operazione denigratoria e svilente: si tratta di esseri la
cui rappresentazione fa riferimento ad un mondo di bassi istinti, di sporcizia
e luridume, di sozzeria e pericolo. Liberarsi di loro non coincide allora più
con il concetto di assassinio, ma diventa operazione di pulizia meritoria e
necessaria : bisogna ripulire, ributtare nelle fogne, schiacciare sotto i
piedi. Eliminare creature tanto spregevoli non è fonte di tormento, non
comporta responsabilità morali, ma serve alla costruzione di un mondo migliore.
Quindi gli uomini rappresentati
come animali diventano bersaglio di denigrazione e violenza , ma solo perché
un’altra ingiustizia è già stata perpetrata preventivamente: quella per cui
maiali, ratti , cimici e tanti altri sono loro stessi denigrati e trasformati
nell’immaginario umano da ciò che sono, vale a dire esseri in sintonia con le
proprie caratteristiche di specie, in
ricettacoli di brutture.
Solo la non conoscenza, il non
contatto, l’autarchia intellettuale permette che ciò avvenga e consente ai più
privilegiati tra gli animali umani la conservazione della propria posizione di
predominio.
Solo la contaminazione, la
conoscenza, l’umiltà intellettuale potrebbero consentire che i più privilegiati
tra gli animali umani prendessero atto dell’incredibile complessità delle
altrui vite, che, a saperle guardare, sono fonte inesauribile di meraviglia e
di incanto.
Me la ricordo bene la campagna dei nostri vicini Svizzeri: una campagna in grande stile che ha preso di mira soprattutto i 45.000 frontalieri, cioè i ratt, che invadono il Ticino per appropriarsi del formaggio degli indigeni. Il governo cantonale ticinese aveva condannato la campagna, considerandola offensiva nei confronti dei frontalieri. Dopo la campagna Balairatt, un partito politico del Ticino aveva affisso i manifesti della nuova offensiva antistraniera con i maggiori partiti del Cantone travestiti da gatti che dormivano pigramente mentre i ratti rubavano il formaggio: la campagna di chiamava Ronfaigatt L'obiettivo, lo stile e i concetti della campagna erano rimasti gli stessi. Erano cambiati solo gli animali, mantenendo come sempre il ruolo di vittime.
RispondiEliminaPaola Re
Ci ricordiamo del mondo animale come sempre a nostro comodo, con rappresentazioni funzionali ai nostri interessi. Come sempre lontani mille miglia dalla conoscenza e dal rispetto , a cui hanno diritto. In realtà l'immagine peggiore che ne esce è la nostra: ma ci guardiam solo in specchi distorti.
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