venerdì 21 giugno 2013

ZOOSAFARI




Di certo uno zoosafari non è uno zoo: non ci son gabbie, gli animali non vanno avanti e indietro con movimenti stereotipati che manifestino la loro sofferenza; non si incrociano gli sguardi immobili di quelli che sembrano avere abdicato persino ai desideri ed hanno smesso di lottare per una irraggiungibile libertà.
Eppure, anche se quelli che vi sono portati a vivere non sono assoggettati alle peggiori limitazioni, tante cose  non appaiono condivisibili in questi luoghi, in cui di naturale non si trova nulla. Il fatto è che qui la loro presenza è finalizzata a fungere da merce, da attrazione per futuri potenziali visitatori, grandi e soprattutto piccoli;  in uno spazio delimitato vengono immessi animali di specie  diversificate, i più svariati, a seconda delle decisioni e delle convenienze del proprietario, che li fa nascere a questo preciso scopo e abitare  luoghi che sono lontanissimi e diversi da quelli d’origine; qui devono restare in una sorta di arca di Noè allargata in cui molte sono le specie che devono essere rappresentate e possibilmente tenute in condizioni che ne favoriscano la riproduzione, ma senza esagerare.
 La  grande maggioranza degli animali che popolano gli zoosafari, quando si trovano nei luoghi dove sarebbero deputati a vivere se lasciati in santa pace, conducono un’esistenza sociale complessa, in gruppi speciespecificamente organizzati in cui esistono relazioni parentali, di coppia, amicali; in cui gli anziani svolgono un ruolo importante per i più giovani; in cui i piccoli crescono con l’apporto di tanti diversi adulti in ruoli differenti. La vita e la morte lì seguono altri ritmi, sono  estremamente composite, affascinanti e tragiche al tempo stesso, perché passano attraverso la lotta per la sopravvivenza, la difficoltà delle condizioni naturali, le differenze marcate dalla propria forza o dalla propria debolezza. Di tutto ciò uno zoosafari non può certo dare conto, imbrigliate come sono le esistenze degli animali lì trattenuti; è scontato che le condizioni originarie non possono essere fittiziamente riprodotte, e di conseguenza ogni intento conoscitivo è destinato ad abortire sul nascere; meglio ancora: non è neppure perseguito, perchè l’unico vero scopo  è miniaturizzare contesti di vita ben lontani dall’originale, secondo le leggi di un  mercato teso a fornire non conoscenza, ma superficiale divertimento.  Non è edificante lo spettacolo di macchine e pullman che attraversano questi spazi sputacchiando i loro gas di scarico; lo è ancor meno quello di vocianti ragazzini che, tra un panino e l’altro, allungano ogni tipo di junk food a quelli tra gli animali che, proprio  come loro, dovrebbero invece poter contare su scelte alimentari sensate.
 Insomma: si impongono alcune riflessioni sul senso della istituzione degli zoosafari, che prende il via da un dato di realtà, individuabile nella naturale forte attrazione che i bambini nutrono per gli animali: lo testimoniano l’osservazione comune e tutti gli studi di riferimento che parlano di una predilezione, di un bisogno imprescindibile, che li fa sentire  più vicini a loro che agli adulti umani, fatti della stessa essenza che avvicina al loro il proprio piccolo essere.  Non è certo un caso, quindi, che vengano creati contesti destinati ai bambini che includono presenze animali. Ma ciò che gli adulti troppo spesso fanno è misconoscere che quella dei bambini è un’attrazione reale, solidale, curiosa, amorevole  con la vera natura degli animali, non certo con quell’interfaccia  alterata e deformata che essi diventano quando sono  privati della loro libertà e della loro essenza, che è fatta di abitudini e comportamenti strutturati sui  loro luoghi e sulle loro relazioni intraspecifiche, con il correlato di  emozioni e affetti, parte imprescindibile del loro modo di stare sulla terra. Mostrare ai bambini animali privati di tutto ciò che li definisce, ridotti ad attori svogliati nel teatro dove la loro unica funzione è essere guardati, è inevitabilmente scuola di irrispettoso dominio su di loro. Non può essere questo il modo per  ricercare una relazione, neppure vagamente conoscitiva, con gli animali, che, allontanati dal branco e dalle loro naturali condizioni di vita, si riducono a  pallida fotocopia di se stessi;  non si devono  procurare il cibo così come sarebbe nella loro natura fare, non si riproducono secondo i ritmi naturali: qui gli operatori parlano piuttosto di incubatrici dove porre  uova di struzzo, o di esemplari ideali per la riproduzione con cui fare accoppiare quelli a disposizione, da portare quindi  in altri contesti  da raggiungere con viaggi anche lunghi e certamente stressanti, per ottimizzare il “risultato”: il bell’esemplare.
Ancora una volta va in scena la rappresentazione di un rapporto di predominio: l’uomo decide a proprio esclusivo vantaggio di immettere in un contesto definito animali da trasformare in attrazione turistica e in macchina da soldi e gli animali da parte loro non possono che abdicare alla loro essenza in un rapporto up-down falsamente sdoganato come momento di immersione nella natura.
Una iniziativa, allo stato attuale delle cose,  è ancora possibile attuare per dare un senso a questi luoghi, che segni, e non solo simbolicamente, una sorta di  riappacificazione tra le specie: trasformarli in santuari dove accogliere animali salvati e “dismessi” da ruoli insopportabili, dalla prigionia di circhi e di zoo, da un destino di allevamenti intensivi e si riduzione a cibo. In questo caso avrebbe una giustificazione il loro inserimento in un ambiente che, pure non essendo quello di origine, li ripagherebbe da angherie e ingiustizie, permettendo loro brandelli di vita non tormentata. In questo caso sarebbe legittimato pedagogicamente mostrarli ai bambini, per il sollievo  che loro di certo proverebbero nel prendere atto che a volte la linea dell’ingiustizia può essere interrotta e che preoccuparsi della riabilitazione delle vittime può diventare il compito di una vita. In questo caso sì gli adulti finalmente interpreterebbero nel migliore dei modi il senso dell’educazione come accompagnamento al rispetto, alla difesa, all’accoglimento solidale dell’altro.
 (Articolo scritto per ESSEREANIMALI)

2 commenti:

  1. Hai fatto un quadro perfetto di cosa siano veramente gli zoosafari perché vengono sempre spacciati per paradisi. Inoltre, sapere che sono meta delle gite di istruzione delle scuole è deprimente. Non so come faccia un docente di scienze a spiegare la natura partendo da lì.
    Paola Re

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    1. E' vero: ci sono persone che più delle altre hanno il dovere di tenere gli occhi aperti sulla realtà: gli insegnanti sono tra questi. Insegnare ai bambini a vedere le cose per quelle che sono anzichè aderire alla rappresentazione che ne diamo sarebbe un enorme passo avanti.

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