Certo non deve essere facile commentare ogni giorno un fatto, attenti ad apparire intelligenti, arguti, un po’ dissacranti e fuori dal coro mentre ci si canta dentro: l’operazione forse pesa un po’sulla testa di Massimo Gramellini e questa può essere la spiegazione allo scritto odierno che trasuda stanchezza e sfiancamento davanti alla levata di scudi contro l’”opera d’arte” in oggetto: una scultura in travertino che rappresenta una porchetta, apparsa a Trastevere per rigenerare (???), insieme ad altre installazioni, le piazze romane in collaborazione con un’accademia di belle (???) arti.
Gramellini, davanti all’indecenza del monumento alla porchetta, vale a dire alla statua di un maiale morto, legato “come un salame”, con gli occhi chiusi e la bocca spalancata nella smorfia di dolore che di certo ha accompagnato anche il suo ultimo respiro, riesce solo a sbuffare , infastidito dallo sdegno degli “animalisti”, e si lamenta che al giorno d’oggi, o tempora o mores, “ogni sensibilità individuale si arroga il diritto di porre il veto sull’universo intero”. Certo, Gramellini, come chiunque altro, è libero di pensare e di dare i giudizi che vuole: il problema è che lui i suoi giudizi e i suoi pensieri, li mette sulla prima pagina del Corriere della Sera, non esattamente un notiziario parrocchiale. Pensieri e giudizi che vedono nella esposizione di un brandello dell’olocausto animale (dalle proporzioni oceaniche viste le centinaia di milioni di esseri senzienti uccisi ogni giorno) un problema che attiene se mai alla sensibilità individuale, da cui lui pare orgogliosamente dissociarsi, o al più un problema da ricondurre all’amore o al disamore per il bello: una questione di estetica, insomma.
Non si può che provare sbigottimento e incredulità davanti alla riduzione a problema individuale di quella che è una vera e propria tragedia planetaria, da parte di un media tanto potente: e ci si chiede se sia più intollerabile che tale tragedia sia sfruttata ad uso e consumo del narcisistico piacere di un’esposizione “artistica” (il virgolettato è d’obbligo) o per l’ennesima minimizzazione a cui sottoporre il coinvolgimento nella questione animale: problema di sensibilità individuale, dice lui. L’assenza di una sola parola di condanna, che non sia quella contro l’irritante ingerenza degli onnipresenti animalisti, risulta più eloquente di qualsiasi discorso. Lasciamo allora Massimo Gramellini e la testata per cui lavora ai loro articoli, ai titoloni e agli approfondimenti sulla pandemia, che, nelle migliaia di pagine ad essa dedicate in questo anno e mezzo, sono riusciti (per altro in ottima compagnia della quasi totalità del giornalismo nazionale e forse internazionale) ad eludere in modo pressocchè assoluto non dico un’analisi, ma almeno uno sguardo critico sulla nostra relazione distorta e distruttiva con gli altri animali. Per tutti loro questa conoscenza pare saldamente fissata alla fase della ridicolizzazione, lontana anni luce da quella dell’accettazione: probabile che non ci arriveranno in tempo, e che il ritardo lo pagheremo tutti, a partire dai nonumani, per proseguire con noi umani, e non solo in termini di etica, ma anche di sopravvivenza. Anche se loro ancora si ostinano a non sapere..
https://headtopics.com/it/la-grande-porchetta-il-caffe-di-massimo-gramellini-20664069
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