Esiste un meccanismo, ben noto agli studiosi di psicologia sociale, che fa capo ad un principio definito di "contrasto percettivo", uno schema automatico di comportamento di cui facciamo spesso uso, anche senza esserne consapevoli: consiste nel fatto, in fondo banale, che una situazione appare molto diversa a seconda di ciò che l’ha preceduta. In alcuni laboratori di psicofisica il principio viene illustrato agli studenti, invitati a sedersi davanti a tre vaschette piene d’acqua: la prima gelida, la seconda a temperatura ambiente, la terza calda. Lo studente mette la mano sinistra nella prima e la destra nella terza, poi entrambe le mani, contemporaneamente, nella seconda. Si accorge con sorpresa che le sue mani, pur immerse nella stessa acqua, la percepiscono in modo molto diverso : la mano che era stata nell’acqua gelida la sente calda, la mano che era stata nell’acqua calda la sente fredda.
Dal
laboratorio alla vita quotidiana, il principio spesso entra in azione, ci condiziona e talvolta viene debitamente
sfruttato da chi sa declinare le sue conoscenze in comportamenti. Non sappiamo
se le autorità del Trentino siano ferrate in materia, ma di certo hanno fatto
un uso sapiente di questo meccanismo nell’occuparsi dell’orsa Daniza, rea di
avere difeso i suoi cuccioli da un cercatore di funghi che, anziché mantenersi
a doverosa distanza, si era avvicinato tanto da farle temere per l’incolumità
dei suoi piccoli: dapprima è circolata la notizia che l’avrebbero uccisa, il chè
ha innescato una prevedibile ondata di proteste; nel
giro di 24 ore la decisione si è trasformata in quella di trasportare Daniza in un luogo recintato, e lì lasciarvela. Proprio
in virtù del contrasto percettivo, a molti la soluzione è apparsa tutto sommato
non così terribile: non la morte, ma una vita da trascorrere in un luogo,
chiuso, ma dove avrà cibo e acqua, senza doverseli procurare con fatica: in
fondo, non è poi un’infamia.
Ma
se l’acqua a temperatura ambiente tale resta indipendentemente dal fatto che
venga percepita fredda o calda, anche
questa realtà ha una sua essenza, che non può essere in funzione di
quanto prima paventato: è quella di un’orsa,
rea di nessun delitto, condannata al carcere con fine pena mai, privata quindi della
libertà, che per ognuno è il bene più prezioso, allontanata dai suoi cuccioli,
che, come i figli di ogni reclusa, dovranno pagare, pur senza colpa, una punizione
accessoria, condannati a crescere senza guida, affetto e protezione, orfani di
una madre vivente: l’ergastolo a vita, insomma, per l’orsa Daniza a fronte della precedente condanna a morte. E
per i suoi cuccioli un futuro monco.
Per
poter giudicare la vicenda, occorre partire dall’antefatto: l’orsa Daniza mai aveva
chiesto, 14 anni fa, di entrare da
protagonista in un progetto squisitamente
umano, quale quello pomposamente denominato LIFE URSUS; non fu interpellata
prima di essere prelevata e trasportata in camion a ripopolare con la sua
grande mole una zona alpina; non si ribellò, non era in grado, e nulla ha mai fatto
di male da allora nei confronti di quegli uomini che pure tanto disinvoltamente
giocano con il suo destino.
Dalla
presa in considerazione delle istanze
contenute in questa azione di prevaricazione prendono l’avvio le articolate considerazioni
di coloro che si schierano dichiaratamente per la libertà di Daniza, perché
rifiutano di accettare l’ ottica perdutamente antropocentrica che vede in uno splendido animale solo un oggetto di
“ripopolamento”, da spostare qua e là a seconda del pensiero dominante del
momento, oggetto passivo nelle mani di umani che si ritengono signori e padroni
della sua vita e della sua morte.
A
quelle ampiamente comparse in rete, è importante aggiungere un’ulteriore
riflessione, tesa a cogliere la relazione tra lo sconsiderato atteggiamento delle
autorità del Trentino e il brodo di cultura in cui ci si muove, che autorizza l’Umano a considerarsi in
diritto di punire qualsiasi animale, nel
momento in cui il suo interesse entra in collisione o semplicemente non
collima con il proprio.
Si
attribuisce la colpa alla vittima, così da trasformarla in carnefice: è il meccanismo
che scatena periodicamente guerre distruttive, una volta contro i bovini, portatori ahimè non sani del
morbo della mucca pazza, un’altra dei
volatili, rei di trasportare l’influenza aviaria; ci sono poi le nutrie, a
cui attribuire i dissesti idrogeologici di un paese allo sbando. L’eco di un
sospetto, un opportuno capro espiatorio incapace di difesa, e si parte con gli eccidi, che portano con sé una crudeltà
che si considera giustificata dall’intento fortemente punitivo che li anima: a
fronte della consuetudine dei macelli di “lavorare” lontano da occhi
indiscreti, l’eliminazione brutale in
questi casi avviene anche davanti alle telecamere, nella convinzione che la
punizione del colpevole sarà apprezzata dai cittadini, perché si tratta di una guerra,
guerra di difesa da un nemico pur inconsapevole di esserlo. Siamo in molti a
ricordare gli schermi di pochi anni fa, che si popolavano di volatili sotterrati vivi o chiusi vivi in
enormi sacchi, le mucche che sbandavano e cadevano; e oggi ad apprendere, sbalorditi, che la caccia alla nutria è
aperta e che le pallottole sono gentile omaggio di amministrazioni provinciali
zelanti.
Altre
volte non sono specie, ma sono singoli individui animali a subire la condanna a
morte: cani che azzannano, perché frutto
di scellerate trappole genetiche o perché allevati per farne macchine da guerra
o perché messi in situazioni inadeguate; coccodrilli che, ma guarda un po’, chiudono le fauci su un umano caduto nelle
acque che loro frequentano perché di casa loro si tratta; squali affamati. E
come non ripensare all’orso Bruno, che il 26 giugno 2006 fu deliberatamente ucciso, perché, malauguratamente
sconfinato in Baviera dal Trentino dove, anche lui, era stato “immesso”, si
permetteva di uccidere capi di bestiame, destinati all’uccisione esclusiva da parte
umana? Le notizie date dai media terminano in genere rassicurandoci che “l’animale
è stato abbattuto”, a volte ad opera della ASL, altre di cacciatori, trasformati in giustizieri, o
di volenterosi cittadini opportunamente incitati a entrare nei panni del vendicatore.
Alla
ricerca di nessi, che non giustificano, ma permettono di ricostruire la trama
degli eventi, è utile anche ricordare ciò che per secoli ha avuto luogo in
Europa, a partire dal Medio Evo: gli animali colpevoli di avere provocato danni agli uomini potevano subire
un regolare processo, nelle aule di “giustizia”, dove venivano condotti
talvolta vestiti con panni umani, e una conseguente condanna, condanna che
aveva la stessa atrocità riservata agli uomini per cui torture irriferibili precedevano
l’eventuale esecuzione capitale. Non si trattava di eventi isolati perché gli
studiosi riportano molti casi di “bestie delinquenti” e dell’epilogo di maiali
lapidati e buoi impiccati: spettacoli per altro incapaci di sollevare pubblico
sdegno in epoche in cui erano frequenti gli spettacoli altrettanto sciagurati
di donne bruciate come streghe, che suscitavano non orrore, ma compiacimento.
Ma
arriva da un altro tempo e da un altro luogo l’immagine tragica della grande
sagoma dell’elefantessa Mary, impiccata sulla pubblica piazza davanti a 2500
persone: era il 13 settembre del 1916, e si era nel Tennesee. La grande Mary si
era ribellata, uccidendolo, ad un giovane operaio che, pare, la pungolava con un gancio durante una sfilata
perché si era fermata a raccogliere una fetta di cocomero. In questo caso non
fu un tribunale, né civile né ecclesiastico, ma il proprietario del circo
Sparks World, in cui Mary era costretta a vivere e “lavorare”, a decidere che la pena capitale era la
risposta adeguata: doveva essere esemplare e quindi avere luogo pubblicamente. Il
chè regolarmente avvenne; come spesso
succede ai condannati a morte, nulla fu
risparmiato a Mary, prima costretta ad un viaggio della morte, poi issata con
una gru sul patibolo e poi “giustiziata” non senza dover prima passare
attraverso alcuni tentativi falliti, che resero se possibile ancora più
inaccettabile la sua inaccettabile fine.
Si
potrebbe continuare all’infinito: Daniza che difende i suoi piccoli e che per
questo viene condannata, è solo l’ultimo caso, in ordine di tempo, di un
animale che non fa altro che esprimere le proprie caratteristiche di specie e
che per questo viene punito dall’uomo. Uomo il cui giudizio, sempre guidato
dall’interesse, in queste situazioni sembra
equiparare a sé gli animali, riconoscendo loro la responsabilità di scegliere
tra bene e male, li ritiene colpevoli di comportamenti che violano la
pacifica convivenza interspecifica stabilita secondo parametri esclusivamente
umani; lo stesso uomo che, in ogni altro contesto, tratta gli stessi animali
come esseri inferiori quando non semplicemente cose.
In
attesa che l’Homo Sapiens si chiarisca le idee, non si può che stare dalla
parte di Daniza, che vorremmo maestosa e libera come la sua natura vuole,
Daniza che difende i suoi piccoli dall’uomo, perché pensa (e come darle torto?)
che di lui non sia proprio il caso di fidarsi.
Grande emozione per questa lettura che condivido pienamente. L'uomo ritiene di poter disporre della Natura, mai considerando di essere egli stesso un suo ospite con pari dignità rispetto alle altre specie viventi.
RispondiEliminaNel caso in specie, l'diozia di un soggetto malato (il Maturi...) viene fatta pagare al l'orsa che, coerentemente con il suo status di mamma ha difeso i suoi cuccioli, neanche uccidendo l'incauto (?) fungaiolo.
Ora, il destino del povero animale è in mano alla POLITICA e, proprio per questo, non ci si aspettano decisioni tecnicamente corrette, nè di buon senso.
Siamo sulla stessa lungheza d'onda: chissà, forse il numero di quelli che si oppongono a questo stato di cose è maggiore di quello che pensiamo. Piacere di conoscerti, Renzo.
EliminaEccezionale come sempre!
RispondiEliminaGrazie Gianluca. E buon lavoro intanto.
Eliminasolo grazie!
RispondiEliminaA te!
EliminaComplimenti Annamaria. C’è sempre molta professionalità, oltre che empatia in ciò che scrivi. Ha irritato anche me il fatto che a molte persone la soluzione della cattura, al posto dell’abbattimento, sia parsa tutto sommato una buona soluzione perché ciò significa non avere la minima percezione del valore della libertà. E dire che gli umani fanno parecchio in ogni angolo di mondo per conquistarla! Eppure la vietano agli animali, riducendoli a prigionieri eccellenti: mangiare, bere, dormire, muoversi un pochino ma non troppo, sottoporsi a controlli sanitari e via così fino alla morte. Il progetto LIFE URSUS, come altri deliranti progetti, a qualcuno avrà pur fatto comodo, in termini economici… Che cosa importa se l’animale è un oggetto di ripopolamento? Gli animali sono abituati a essere oggetti e a Daniza e compagnia è toccata questa funzione. Come scrive Renzo, la sua vita dipende dalla politica, e questo può bastare per non dormire sonni tranquilli.
RispondiEliminaTu Paola sai bene che dovunque si guardi ci sono modi di prevaricare gli animali, anche quando non si arriva a shiavizzarli e ucciderli. E' un mondo da ribaltare. E la politica intorno è disperante. Un abbraccio comunque.
Elimina..parole che emozionano e toccano il cuore..speriamo veramente che l' 'umanità' e il buon senso prevalgano in questa situazione
RispondiEliminaGrazie: contenta del contatto!
RispondiEliminapensare che gli indiani lo sapevano che condividiamo questo pianeta con gli animali, non abbiamo NESSUN DIRITTO in più di loro!..e glielo stiamo distruggendo!!! spero solo che sempre più persone lo "sentano" che è così! Grazie a tutti voi che esistete!
RispondiEliminaPerfettamente d'accordo, Isabella. Diritto violato ogni giorno in ogni luogo.
RispondiEliminaCiao a tutti. Grande articolo che mette in evidenza quanta mancanza di giustizia c'è nel mondo. Annamaria, sto leggendo il tuo libro "Sulla cattiva strada" che mi risulta schiacciante e triste, molto triste. Ma quello che mi stupisce di più è l'impunità. Mai non c'è nessun condannato importante, mai va chiusa un'azienda la cui attività ha distrutto l'abitat naturale di centinaia di especie.... e via dicendo. Nonostante le leggi, cosa potremmo fare pre riequilibrare il bilancio? Non c'è un modo di fermare l'olocausto animale?
RispondiEliminaBeh, scusate lo sfogo, non sono un radicale. Vorrei soltanto sapere un modo di fare qualcosa di utile al riguardo.
Buona giornata!
Salvador
Salvador, a me sembra che le questioni con cui abbiamo a che fare siano schiaccianti. Penso anche che il fatto che non siamo in grado di risolverle non debba significare non agire. Non so dove sia la soluzione e nemmeno se una soluzione a tutto il disastro intorno esista. credo però che se ognuno fa la sua parte, con decisione, indipendentemente dai risultati che tanto spesso non arrivano, magari qualche cosa può anche cambiare. Abbiamo una sola vita a disposizione: usiamola nel modo che riteniamo il migliore possibile.Piacere di conoscerti!
EliminaHo letto con le lacrime agli occhi, ogni volta che accadono fatti di questo tipo aumenta il mio senso di colpa nei confronti degli animali e della natura in genere e diminuisce la stima e fiducia nei confronti dei miei simili, ma quel che è paggio è che sono consapevole che nulla cambierà mai.
RispondiEliminaCara Patrizia, l'epilogo di questa vicenda è stato il peggiore. Dopo la commozione bisogna però ricominciare. Ci sono miliardi di cose da fare per gli animali: farne almeno qualcuna è l'unico modo secondo me per controllare l'angoscia. Un abbraccio
RispondiEliminaBellissimo articolo Patrizia, che dimostra l'ottusità della specie umana. Vorrei fare una precisazione quando scrivi "rea di avere difeso i suoi cuccioli da un cercatore di funghi che, anziché mantenersi a doverosa distanza, si era avvicinato tanto da farle temere per l’incolumità dei suoi piccoli" Daniza infatti proprio quella mattina, è stata importunata da ben due soggetti diversi, e non da un solo individuo. Di questo fatto non si è parlato abbastanza, credo. Un certo Martino Maffei, ha dichiarato alla stampa di aver incontrato pochi minuti prima del fatto, daniza con i propri piccoli, e di averla seguita per più di 100 metri, con il bastone. Ho sempre ritenuto importante questo fatto, e quindi la sua reazione dovuta ad una evidente minaccia, è del tutto legittima, anzi, l'uomo al suo posto, avrebbe fatto di peggio. Ho trovato tra l'altro strano che non si siano fatte indagini a proposito, in quanto, il tutto potrebbe essere stato oggetto di macchinazione.
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