Il diritto di uccidere un cervo o una mucca
è l’unica cosa sulla quale l’intera umanità
sia fraternamente concorde,
anche nel corso delle guerre più sanguinose[1].
La critica alla caccia non si limita oggi a particolari modi o tempi, ma è globale nel senso che ne mette in discussione la stessa essenza, la sua liceità, tanto alcune associazioni hanno promosso una raccolta firme, grazie a cui verrà portata in Senato una Proposta di Legge per la sua ABOLIZIONE. Abolizione, non limitazione nel tempo e nello spazio, nel rilascio di autorizzazioni o nel numero delle specie cacciabili. Abolizione, perchè nulla di ciò che questa attività comporta può essere considerato accettabile. Proprio come nulla di accettabile può essere rintracciato nelle guerre, quelle alle quali ci eravamo illusi, nel mondo occidentale, di avere posto fine: le avevamo in realtà solo spostate un po’ più in là, in tutti quei paesi da cui è stato semplice fare filtrare solo rare informazioni, facilmente stipabili nel grande magazzino del rimosso. Per poi risvegliarci un giorno dal torpore e prendere atto che i governi, il nostro e gli altri, non avevano mai interrotto una smisurata produzione di armi. Perchè, oggi si sentenzia, si vis pacem para bellum: ignorando la replica all’antico enunciato, secondo cui, invece, se vuoi la pace è la pace che devi preparare. Elementare Watson.
E se la pace la vuoi preparare, è necessario un contrasto netto e preciso alla violenza in tutte le sue forme, intrecciate le une alle altre in una consequenzialità spesso indiretta, ma ricostruibile, se solo lo si voglia. E’ lo psicologo Stephen Pinker ad affermare che, se la si vuole combattere, bisogna prima di tutto riconoscerla, al di là delle mistificazioni a cui è sottoposta, e poi avversarla in tutte le sue manifestazioni “dalle sculacciate educative date ai bambini alle dichiarazioni di guerra tra le nazioni”[2] . Innegabile che la necessità dell’abolizione della caccia, che è regno assoluto di crudeltà e disumanità, occupi un posto d’onore nella ricerca, visionaria o meno che sia, di un mondo pacificato.
