Il nostro disturbo da accumulo
Annamaria ManzoniAlcuni giorni fa a Foggia un uomo scomparso da mesi è stato ritrovato cadavere in casa propria, sommerso da una cumulo inimmaginabile di oggetti e spazzatura. In questo articolo Annamaria Manzoni racconta che non si tratta affatto di un caso isolato e spiega come che chi è affetto dal cosiddetto “disturbo di accumulo” subisce una compulsione irrefrenabile a conservare ogni cosa e anzi ad acquisirne sempre altre. Un problema sociale dunque, non solo una bizzarra notizia di cronaca, di cui si sa ancora poco e di cui tutti dovremmo occuparci, dal momento che colpisce sempre più persone, uomini e donne di qualsiasi classe sociale. Di certo si tratta di persone che per lo più si trovano a vivere senza legami sociali: viene in mente un libro straordinario, L’era degli scarti, di Marco Armiero, secondo il quale l’epoca del “Wasteocene” che viviamo non solo produce un numero infinito di rifiuti e di scarti umani, ma cerca anche di soffocare qualsiasi percorso, fatto prima di tutto di condivisione e cura, che metta in discussione quel regime e le sue conseguenze

Ci sono realtà che ignoriamo totalmente fino a quando non ci vengono letteralmente portate in casa dai media, e a quel punto ci lasciano interdetti. È successo ancora in questi giorni, quando a Foggia un uomo scomparso da mesi è stato ritrovato cadavere in casa propria, sommerso da una cumulo inimmaginabile di oggetti, cose, spazzatura.
In breve: il signore in questione, un omone grande e grosso, non più giovane, che viveva da solo e deambulava con l’aiuto di stampelle, non si era più visto in circolazione. I vicini di casa, che avevano potuto guardare nel suo appartamento, si erano trovati davanti alla scena sconcertante di oggetti, cibo e rifiuti di ogni tipo, che congestionavano ogni spazio disponibile. L’evidentissimo degrado, la sporcizia, gli odori, sommandosi alla forte preoccupazione per la scomparsa dell’uomo, li avevano dapprima indotti a chiedere l’intervento delle autorità locali, amministrative e sanitarie, che si erano limitate a un sopralluogo e niente più. Si erano quindi rivolti alla trasmissione Chi l’ha visto, che, la sera stessa della messa in onda dei filmati nell’abitazione, aveva compiuto il miracolo di fare materializzare sul luogo i responsabili locali. A distanza di poche settimane, l’attuazione dello sgombero aveva portato al temuto, ma prevedibile ritrovamento del cadavere dell’uomo sotto gli strati di “cose”.
Superfluo qualsiasi discorso su quali siano le leve che hanno il potere magico di risvegliare ai loro compiti sonnolenti poteri pubblici, perché sono scandalosamente evidenti. Interessante invece mettere a fuoco quella forma di malessere diffuso, ma poco conosciuto, che può comportare risvolti o epiloghi tragici come quello descritto. Si, perché non si tratta affatto di un caso isolato: e tra i tanti vanta (si fa per dire) il caso divenuto famoso dei fratelli Collyer, Homer Lusk e Langley, che nel 1947 furono letteralmente dissepolti, ormai cadaveri, da oltre 140 tonnellate di cose e spazzatura che riempivano fino al soffitto i tre piani dello stabile nella Fifth Avenue a New York, in cui vivevano asseragliati da oltre 10 anni. Anche in quel caso, proprio come in quello di Foggia, fu un vicino ad allertare la polizia, spinto dall’odore insopportabile proveniente dall’appartamento.