Il Corriere della Sera è sempre
il Corriere della Sera: se l’inserto La Lettura, dedicato all’Animalità,
coniugata in diverse forme e approcci, viene riproposto per un’intera settimana
(4/11 settembre 2016), il tema è evidentemente di grande appeal, e l’impatto è
forte: per la lettura che dà della realtà e per come con le sue tesi la realtà è in grado di modellarla.
Dato atto della copresenza di
articoli diversificati, quali quello più scientifico di Leonardo Caffo
sull’addomesticazione, risulta quanto mai interessante capire quale sia
l’ottica di osservazione di uno degli
interventi di prestigio: è fuori discussione che Chiara Lalli, filosofa, saggista, giornalista,
autrice dell’articolo titolato in forma di supplica, “Per favore lasciate che gli animali facciano gli animali”, sia
indispettita nei confronti dell’atteggiamento almeno di parte degli umani nei
confronti di almeno di parte degli animali: nello specifico di quegli umani
troppo coinvolti nella cura di alcuni non umani. La sua cultura è tale per cui non si può certo ipotizzare che
parli senza cognizione di causa: ma di certo esprime una posizione smaccatamente di parte, che si
limita a sfiorare l’enorme questione animale riferendosi a pochi episodi connotati
da stupidità trattandoli da indicatori
di una sorta di deriva morale. Nel suo articolo, tanto per capirci, cita e
ricita il circo, non per stigmatizzare l’ignominia della prigionia e
dell’asservimento di animali nati liberi per essere liberi, ma solo per
ricordare che alcuni di loro, nello specifico uno struzzo e un ippopotamo, una
volta “salvati” da quel contesto, sono poi
stati investiti e uccisi e si pone conseguentemente
la domanda, che vorrebbe essere retorica, se possa essere considerato immorale
usare gli animali nei circhi a fronte della perfetta ammissibilità del loro uso
quali pet: immoralità di cui lei non pare scorgere traccia. Non si può
controbattere alle argomentazioni della Lalli in poche righe, perché è tutta la
questione animale a gridare vendetta davanti alla sua riduzione al ridicolo (ridicolo
“consumato fino a farlo scomparire”,
nelle parole che lei stessa usa) in nome di alcuni comportamenti da
sfaccendati, smaccatamente ricchi e annoiati, i quali fanno clonare il proprio
pet a suon di migliaia di dollari o acquistano accessori che neppure Dolce
& Gabbana nei momenti di loro massimo splendore potrebbero ideare. Nelle
sue parole non manca un pensiero reverente anche alla sperimentazione, in
mancanza della quale, ammonisce, si farebbe un danno anche agli animali stessi
a causa del mancato progresso della scienza veterinaria: preoccupazione di chiaro
stampo altruista che pare non scorgere, come epicentro della vivisezione, la sperimentazione di qualsivoglia ennesimo
nuovo farmaco ad uso squisitamente umano, che si serve nella quotidianità di esperimenti
, fonte di indicibile sofferenza , e spesso esitano in una morte che finisce per essere unica via di
salvezza all’orrore .