“Il vegetarianesimo è in stretto rapporto con i problemi morali e religiosi, ed anzitutto con il problema dei fini e dei mezzi.”
(Da "Aspetti dell’educazione alla non violenza")
Aldo Capitini diventò vegetariano nel 1932, in pieno regime fascista e mentre cominciavano a soffiare venti di guerra: non fu un caso perché la decisione era parte della sua opposizione al clima di sopraffazione in atto e a quanto si preparava ad avvenire; era infatti sua precisa convinzione che, se si fosse imparato a non uccidere gli animali, a maggiore ragione si sarebbe risparmiata l’uccisione di uomini.
Da questo fondamentale assunto il suo pensiero prese a snodarsi,
anche nel campo dei rapporti interspecifici, in senso assolutamente
avanzato, pacifista, controcorrente: parlò dei doveri morali che abbiamo nei confronti degli altri animali, con i quali abbiamo innegabili vincoli di parentela,
e sottolineò come la scelta nonviolenta nei loro confronti abbia delle
ricadute sul nostro modo di essere e di percepirci, sulla nostra stessa
disposizione d’animo, che diventa più benevola, sulla nostra
autopercezione come persone più franche, calme, affettuose. Porre fine alla leggerezza sterminatrice e alla freddezza utilitaria normalmente impiegate nello sterminio degli animali si riflette in accrescimento di valore interiore.
Era perfettamente conscio di quanto il vegetarismo sia in stretto
rapporto con i problemi morali e religiosi e della necessità che
l’universo dei nostri rapporti con gli animali debba essere modificato
in tutte le sue manifestazioni: se è doveroso non nutrirsi di
animali, è consequenziale la condanna delle pellicce come abbigliamento,
della caccia, della vivisezione, della tauromachia, dell’uso degli
animali sulle scene, nei circhi, negli zoo.
La sua perorazione di un diverso approccio con il mondo degli
animali, pur contenendo elementi di compassione nei loro confronti, li
travalicava con un pensiero che contemplava un cambiamento esistenziale,
vicino all’approccio orientale, buddista, jainista, delle filosofie
sviluppatesi a contatto con la natura, che hanno inserito gli animali
nel proprio universo.
Un pensiero quindi, quello di Capitini, che si mostra, anche in questo campo, lapidario, rivoluzionario, estraneo a edulcorazioni e mitigazioni atte a renderlo accettabile da una opinione pubblica del tutto impreparata ad accogliere idee in grado di capovolgere tante certezze e luoghi comuni.
Un pensiero quindi, quello di Capitini, che si mostra, anche in questo campo, lapidario, rivoluzionario, estraneo a edulcorazioni e mitigazioni atte a renderlo accettabile da una opinione pubblica del tutto impreparata ad accogliere idee in grado di capovolgere tante certezze e luoghi comuni.
Il suo vegetarismo e la sua convinzione della necessità del rispetto per gli animali
si inseriscono perfettamente nel suo ideale di vita pacifista e
nonviolenta, e ne diventano un tassello imprescindibile, musica di fondo
del suo pensiero che va concretizzandosi tra l’altro, nei primi
anni ’50 nella fondazione, insieme a Edmondo Marcucci, della Società
Vegetariana Italiana (ancora oggi attiva con il nome di Associazione Vegetariana Italiana) e nell’organizzazione a Perugia di un convegno su La nonviolenza riguardo al mondo animale e vegetale.
Quanto le sue idee fossero progressiste emerge se solo si osserva lo
stato delle cose attuale, vale a dire quanto le sue affermazioni
convinte e apodittiche stiano ancora oggi faticando per acquisire
diritto di cittadinanza nel pensiero comune, pur dopo molti decenni
segnati da enormi cambiamenti in tutti i campi, che hanno comportato
l’acquisizione diffusa, nel mondo occidentale, di una progressiva
marcata sensibilità verso gli animali.
Basta pensare che le sue asserzioni secondo cui la crudeltà
contro di loro è intimamente connessa a quella intraspecifica è stata
presa in considerazione a livello psicologico solo negli anni ’80,
per altro con molta prudenza e un tocco di maggiore timidezza di quanto
lui non fece, ufficializzandola con l’inserimento nel DSM, Manuale dei
Disturbi mentali in uso in tutto il mondo occidentale.
E ancora oggi moltissimi correlati a questa teoria continuano ad essere ignorati a livello politico, dove forme di immobilismo mentale, incapacità di una doverosa assunzione di responsabilità civili, interessi di parte inducono a millantare per occasioni di divertimento pubblici abusi sugli animali. Si ignora o si finge di ignorare non solo la grande ingiustizia nei confronti degli animali, ma anche il fatto che spettacoli, quali sagre che li tormentano o il dietrolequinte del loro addestramento per i circhi, sono scuola di indifferenza quando non di palese induzione alla crudeltà per i bambini che sono invitati a divertirsi sull’altrui dolore.
E ancora oggi moltissimi correlati a questa teoria continuano ad essere ignorati a livello politico, dove forme di immobilismo mentale, incapacità di una doverosa assunzione di responsabilità civili, interessi di parte inducono a millantare per occasioni di divertimento pubblici abusi sugli animali. Si ignora o si finge di ignorare non solo la grande ingiustizia nei confronti degli animali, ma anche il fatto che spettacoli, quali sagre che li tormentano o il dietrolequinte del loro addestramento per i circhi, sono scuola di indifferenza quando non di palese induzione alla crudeltà per i bambini che sono invitati a divertirsi sull’altrui dolore.
Per altro Capitini ebbe immediata controprova delle sue intuizioni: il
suo vegetarismo, che non poteva passare inosservato alla mensa della
Normale di Pisa, dove lavorava, produsse una reazione di estrema
preoccupazione nel filosofo Gentile, che temeva una reazione destabilizzante sugli studenti: la
realtà era ed è che un approccio nonviolento nei confronti degli
animali è di fatto destabilizzante in quanto rovescia la struttura
stessa della società, con le sue gerarchie e rapporti di potere: scelta assolutamente mite che comporta, e Capitini lo sapeva bene, ricadute fondamentali.
La situazione non appare modificata oggi, se è vero che il veganesimo, che è il necessario approdo del vegetarismo, è visto ancora con grande sospetto: perché l’assoluto rispetto per gli animali porta con sé un attacco mortale all’antropocentrismo e a tutti i rapporti di potere, a cui sostituisce un ideale necessario di armonia cosmica.
Capitini, come i grandi pacifisti della storia, Tolstoj, Schweitzer, Gandhi, ne era del tutto consapevole: un
ideale nonviolento non può per sua stessa natura fermarsi ai confini
dell’umano ed ignorare i miliardi di esseri viventi di altre specie, che
convivono con noi. Prendere atto della necessità di
coinvolgerli in un progetto cosmico di riequilibrio dei rapporti di
forza è di fatto atto estremamente rivoluzionario, di quella rivoluzione
nonviolenta di cui Capitini era convinto assertore.
Se è vero che il suo pensiero non si è diffuso come la pregnanza
delle sue idee avrebbe meritato, è ancor più vero che la parte delle sue
teorie riferite al vegetarismo lo sono state ancora meno.
Si tratta di un errore, di un limite da interpretare in un’ottica complessa: nella scala gerarchica di chi detiene tutti i privilegi giù giù a scendere verso chi è depositario di diritti sempre minori e poi di nessun diritto, gli animali occupano l’ultimo gradino.
Sarebbe ovvio aspettarsi che chi ha a cuore un’idea di giustizia e di rispetto universale sia ad un passo da quel gradino e, pur con tutte le difficoltà del caso, si provi a scenderlo.
La realtà è molto diversa e ciò che accade è invece che proprio i paladini dei diritti di tutti, i combattenti contro tutte le ingiustizie democraticamente sparse per il mondo siano spesso i meno coinvolti nella questione animale: movimenti solidaristici, organizzazioni umanitarie, “partiti di sinistra” (con tutte le virgolette del caso) sembrano i più decisi a fermarsi ai confini dell’umano, a disinteressarsi di tutta la sofferenza esistente subito al di là di tale confine, come se il farlo fosse fonte di vergogna e testimoniasse interessi bagatellari.
Si tratta di un errore, di un limite da interpretare in un’ottica complessa: nella scala gerarchica di chi detiene tutti i privilegi giù giù a scendere verso chi è depositario di diritti sempre minori e poi di nessun diritto, gli animali occupano l’ultimo gradino.
Sarebbe ovvio aspettarsi che chi ha a cuore un’idea di giustizia e di rispetto universale sia ad un passo da quel gradino e, pur con tutte le difficoltà del caso, si provi a scenderlo.
La realtà è molto diversa e ciò che accade è invece che proprio i paladini dei diritti di tutti, i combattenti contro tutte le ingiustizie democraticamente sparse per il mondo siano spesso i meno coinvolti nella questione animale: movimenti solidaristici, organizzazioni umanitarie, “partiti di sinistra” (con tutte le virgolette del caso) sembrano i più decisi a fermarsi ai confini dell’umano, a disinteressarsi di tutta la sofferenza esistente subito al di là di tale confine, come se il farlo fosse fonte di vergogna e testimoniasse interessi bagatellari.
E’ invece del tutto necessario e improcrastinabile invertire
la rotta, ripartendo anche da qui: dalle celebrazioni della giornata
della pace, dalle annuali marce, che devono propugnare e sostenere la
nonviolenza come comportamento non settoriale, perché per sua stessa
natura non lo può essere, ma stile di vita nei confronti di tutti i
viventi.
In nome di quella rivolta morale a tutte le ingiustizie e a tutto il dolore in cui quotidianamente facciamo sprofondare tutti gli altri animali.
In nome di quella rivolta morale a tutte le ingiustizie e a tutto il dolore in cui quotidianamente facciamo sprofondare tutti gli altri animali.
Bel post, grazie non conoscevo Capitini. :)
RispondiEliminaA te Enrico. In effetti anche il mondo animalista, a parte poche lodevoli eccezioni, non ne parla un gran chè.
EliminaGRAZIE MILLE DAVVERO!!!!
EliminaNon conoscevo Capitini. Articolo molto esaustivi e interessante.
Che il pacifismo debba contemplare il vegetarianesimo è in effetti una convinzione non da poco!
EliminaBellissime riflessioni su Capitini. Come hai scritto tu, posso immaginare che il suo vegetarismo non potesse passare inosservato alla mensa della Normale di Pisa! Altroché se era "destabilizzante"! Certe volte mi sento destabilizzante io a sedermi a certe tavole nel 2013, immagino nel 1932... Ho inviato questo articolo a un amico (onnivoro) che si dichiara orgogliosamente pacifista e che vede Capitini come un suo mito... mica poi tanto mito perché non sapeva neppure che fosse vegetariano. Lo ha letto e mi ha risposto "Interessanti questi collegamenti tra vegetarismo e pacifismo." Capito? Adesso lo sa anche lui. Speriamo che il suo pacifismo si apra presto al mondo veg. Paola
RispondiEliminaSembra sempre di dire cose scontate: non ci si rende conto quanto invece ci sia da chiarire! Beh, dai, ogni volta qualcosa succede. Grazie per l'apprezzamento, Paola, e per la diffusione.
EliminaGrazie per averci parlato di questo filosofo.
RispondiEliminaSono andata a leggere qualcosa su di lui, è stato lui a fare la prima marcia per la pace fino ad Assisi, e in quell'occasione è stata inventata la bandiera della pace!
Io che seguo sempre queste cose, non lo conoscevo.
Non si finisce mai di conoscere e di imparare!
Marta
Potenza della rete! piacere di conoscerti, Marta.
EliminaCi sono tante visuali da cui parlare di antispecismo. Dal mio punto di vista, quella pacifisat, in tutte le sue declinazioni, è fondamentale. Tante cose stanno succedendo: vediamo dove si va a parare. E intanto facciamo la nostra parte. A presto
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